San Raffaele

Il nome di Raffaele significa in ebraico “Dio risana”. La Scrittura lo definisce “uno dei sette Angeli che stanno dinanzi al Signore”.
Più tardi, la tradizione ha esteso anche a lui il titolo di Arcangelo, che nella Bibbia viene dato soltanto a Michele, Principe delle milizie celesti.
Raphà-el vuol dire “Dio ha guarito” ed infatti è strumento di Dio per la guarigione, assai di più di una semplice guarigione fisica, esso acclude qualsiasi tipo di riparazione e di aggiustamento ed implica una trasformazione in meglio sia per quanto riguarda il fisico, che lo spirituale.
Quando Dio manda in azione l’arcangelo Raffaele, vi è sempre il ritorno di qualcosa come era stato concepito dal progetto divino originariamente.

Nella Sacra Scrittura, Raffaele compare innumerevoli volte nel libro di Tobia che narra una storia familiare. Durante il periodo dell’esilio a Ninive, Tobi, un deportato, nonostante la sua bontà e la sua premurosa attenzione verso i defunti, a cui dà degna sepoltura, diventa cieco. Ma Tobi non si scoraggia, anzi invia suo figlio Tobia nel paese di Madian per farsi restituire del denaro che anni prima aveva affidato in custodia ad un suo fidato parente. Siccome Tobia non conosce la strada, viene assunto come guida un misterioso personaggio, che dice di chiamarsi Azaria, ma in realtà è l’angelo Raffaele, mandato da Dio in soccorso di quella famiglia che è devotissima agli angeli del Signore. Al figlio che parte, Tobi, infatti augura: “Dio, che è nei cieli, vi conservi sani fin là e vi restituisca a me sani e salvi; il suo angelo vi accompagni con la sua protezione, o figliolo!” (Tb. 5, 17).
L’autore del libro, con grande arguzia, conduce la narrazione ad un duplice livello: ciò che Tobia percepisce, e ciò che Raffaele sta effettivamente facendo. All’inizio della storia, quando il padre Tobi diventa cieco, egli supplica Dio di morire; nello stesso momento, nella regione di Madian, anche Sara, la cugina e moglie predestinata di Tobia, sta chiedendo di morire perché il demone Asmodeo le ha ucciso ben 7 mariti, la prima notte di nozze e, dice la Scrittura: “In qual medesimo momento la preghiera di tutti e due fu accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire i due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio; a dare a Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e a liberarla dal cattivo demonio Asmodeo” (Tb. 3, 17).
La prima sera del viaggio, Tobia va a pescare nel Tigri e un grosso pesce quasi lo trascina in acqua. Raffaele gli dice di non lasciarselo sfuggire perché contiene utili medicamenti ed egli conserva il cuore, il fegato ed il fiele, secondo le indicazioni dell’angelo. Raffaele fa prosperare il viaggio di Tobia che ritrae il danno del parente e seguendo i consigli dell’angelo sposa Sara, di cui è innamorato. La prima notte di nozze con Sara, Tobia brucia il fegato ed il cuore del pesce che producono un fumo capace di far fuggire il demone Asmodeo “che fuggì nelle regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi” (Tb. 8, 3).
Finalmente, celebrate le nozze, Raffaele guida i due sposi sulla strada del ritorno verso la casa paterna. E dopo il felice ritorno, sempre per il consiglio di Raffaele, Tobia restituisce prodigiosamente la vista al padre, ponendo sopra i suoi occhi il fiele del pesce del Tigri.

I compiti principali attribuiti all’Arcangelo Raffaele provengono fondamentalmente dal libro di Tobia; dal fatto che scaccia il demonio Asmodeo e guarisce la cecità di Tobi, dovrebbe essere particolarmente invocato dai sacerdoti esorcisti e dai medici oculisti. Raffaele, per aver guidato Tobia nel suo lungo viaggio, è considerato patrono dei viaggi per terra e per mare.

Numerosi santi e mistici, nella lunga storia della Chiesa, fecero esperienza dell’aiuto di S. Raffaele.
L’esempio più significativo tra tutti è quello di San Giovanni di Dio (1495-1550), fondatore dei Fate Bene Fratelli, coltivò un grande amore per S. Raffaele e l’arcangelo si prodigò molto per le necessità degli ospedali di quest’ordine religioso. S. Raffaele visitò una volta i poveri nell’ospedale di Granada, mentre fra Giovanni era uscito ad attingere acqua. Un’altra volta portò il pane ai pazienti ammalati che erano digiuni ed una terza volta aiutò fra Giovanni a portare, nel suo ricovero un ammalato: fu in questa occasione che si fece conoscere come Raffaele.

Infine, nella tradizione popolare cattolica, l’arcangelo Raffaele viene associato con le anime del Purgatorio, ovvero con quelle anime che, dopo la morte corporale, a causa delle loro imperfezioni spirituali, necessitano di un’ulteriore illuminazione purificatrice e guarigione spirituale prima di andare in Paradiso. Senza esser blasfemi, possiamo paragonare il Purgatorio ad un ospedale celeste dove le ferite dello spirito vengono risanate e viene ultimata quella maturazione umana e cristiana che sulla terra si è in qualche modo non realizzata secondo la volontà di Dio, a causa della colpa e dei peccati delle persone.

Il Papa Benedetto XVI nell’ordinazione di sei nuovi vescovi avvenuta in san Pietro il 29 settembre del 2007, parlando di san Raffaele affermò: “Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al vescovo”.

Preghiera a San Raffaele Arcangelo
Novena a San Raffaele Arcangelo
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